lunedì 25 agosto 2014

Tunisia parte 1 - la festa della sposa

Importante: in questo post non appaiono foto dei "protagonisti" per questioni di privacy. Ringrazio la mia amica sposa per avermi autorizzato a pubblicare alcune immagini di questi momenti speciali. Le foto sono mie, oppure, dove indicato, dell'amico Roberto Perrone.

Il nostro arrivo in hotel (di cui parlerò in modo più approfondito in un altro post) è stato piuttosto movimentato, perché, dato che siamo arrivati in ritardo rispetto all’orario prestabilito, abbiamo avuto appena il tempo di posare le valige, cambiarci al volo, mangiucchiare un panino (di corsa, perché è arrivato tardi anche lui) e risalire su un taxi. Destinazione: Tunisi, zona periferica, a circa 50 km dal nostro hotel (che si trova a Gammarth). Ci stiamo dirigendo verso la casa dello sposo, che per l’occasione ospiterà le donne della famiglia, la sposa e le sue ospiti italiane per la cerimonia della henna.
Sul taxi, mentre le mie amiche chiacchierano con l’autista (incuriosito di vedere tre straniere che si aggirano in zone poco note della città) io guardo dal finestrino cercando di ingannare il mal di testa…il panorama all’esterno non è molto confortante: i bordi delle strade sono pieni di immondizia, prevalentemente buste di plastica, cani randagi (non ne ho avevo mai visti così tanti, di tutte le taglie e incroci possibili) e case in costruzione. Caratteristica del posto, infatti, è che quando decidono di costruirsi una casa, gli abitanti gettano fondamenta e iniziano a mettere su quello che possono permettersi al momento, lasciando gli edifici incompleti fino a quando non trovano altri soldi o altre occasioni per continuare l’opera. Il risultato, che mi aveva già sbalordita nella zona di Djerba, sono case basse con ferri sporgenti in alto, edifici da intonacare con portoni perfettamente verniciati, o intonacati ma senza finestre, scheletri di lavori mai portati a termine, tutto senza soluzione di continuità. E in questo caos edilizio, uomini (e solo uomini) seduti ai bar per la strada, donne velate che camminano, spesso in coppia, verso mete sconosciute affondando i sandali nella polvere (non ho visto marciapiedi da nessuna parte)…poi, all’improvviso, in un panorama di miseria, ecco apparire una panetteria ipermoderna o un centro commerciale in mezzo al nulla.

Vedo anche diversi posti di blocco (anche se non ci fermano mai, non sono rassicuranti), motorini, spesso con 3 persone a bordo che ci superano da ogni lato, insomma…una situazione del tutto fuori dalla realtà a cui sono abituata e che però, devo ammetterlo, non mi piace un granché. Sapevo di trovare una vita più semplice, ma non pensavo di trovare degli aspetti di abbandono e trascuratezza che mi hanno rattristata un po’.
 
Il nostro “caldissimo” viaggio (il taxi non ha l’aria condizionata) è abbastanza lungo…al nostro arrivo l’autista ci lascia praticamente in mezzo alla strada: non conosce il quartiere, perché i turisti non arrivano mai in questa zona della città, non ne hanno motivo: non ci sono monumenti o cose da vedere, ma solo le case della gente comune. Io mi rallegro: non ci sarà nulla di artificiale o costruito ad hoc, sto per entrare nella vita di tutti i giorni di una famiglia tunisina. Camminiamo tra le bancarelle situate ai lati della strada. Si sente forte il profumo delle verdure (grossi mazzi di prezzemolo fanno bella mostra nel negozietto vicino a noi) e nel frattempo viene ad accoglierci uno dei fratelli dello sposo.
 
La famiglia di M. è molto simpatica e ha il calore dell’accoglienza mediterranea. Entrare a casa loro mi ha ricordato i resoconti di chi descrive l’ospitalità tipica delle regioni del Sud Italia. La casa affaccia su una stradina secondaria, dal piccolo cancello si accede ad un terrazzo-cortile rivestito di maioliche. Qui sediamo, raccolti attorno a un tavolo, dopo che diversi familiari hanno abbracciato e baciato ciascuno di noi. Il saluto tradizionale tra persone che si conoscono bene, prevede di scambiarsi ben quattro baci sulle guance invece dei due a cui siamo abituati noi. Il nostro ingresso è stato tutto un divertente abbraccio…la famiglia è numerosa e salutare tutti è stato lungo ma piacevole. Chi ci parla in francese, chi azzarda qualche parola in italiano, chi, come i più anziani, ci rivolgono sorrisi e parole affettuose…in arabo, che non riusciamo a capire, ma si interpretano facilmente: quando l’intenzione è positiva, ci si capisce subito in qualsiasi lingua del mondo.

Arriva subito a tavola una bottiglia d’acqua fresca e uno spuntino salato: verdure, insalata, olive, cosine da mangiucchiare per merenda. Non tante cose, perché stasera è prevista un’abbondante cena…Nel frattempo le donne si spostano all’interno della casa, nella sala destinata ad accogliere la sposa e la “hannena”, la signora esperta nel decorare il corpo con l’henné. La sala principale è stata decorata per l’occasione con una nuova tenda, sovrapposta a quelle bianche normalmente presenti. E’ di tessuto pesante marrone scuro, ricca di decorazioni. A terra un tappeto azzurro con disegni di fiori. Le donne di casa si tolgono le scarpe per salirci sopra e noi le imitiamo, per non rovinarlo. La sposa segue la suocera al piano di sopra: deve indossare qualcosa di speciale durante la tintura di mani e piedi, bisogna trovare un vestito adatto. Noi ci guardiamo attorno sorridendo, dimentichiamo per un paio d’ore i mariti fuori in terrazza, e chiacchieriamo con le sorelle e le cognate dello sposo in francese. Sono donne di tutte le età, tutte indossano abiti tradizionali, qualcuno più decorato, qualcuno meno. La maggior parte ha il capo coperto da un velo, fin sotto al mento. Un paio hanno la testa scoperta e non se ne fanno problema. Da quel che mi racconta la mia amica, la Tunisia è uno dei paesi arabi più liberali in materia di codice d’abbigliamento. Le donne che scelgono di coprirsi lo fanno per scelta personale o per rispetto delle tradizioni familiari, ma non sono obbligate per legge. Una delle cognate più giovani, ad esempio, una ragazza bellissima dal volto truccato alla perfezione, indossa un abito elegantissimo nero, con intarsi turchesi su corpo e maniche, e un velo in tinta che le incornicia il volto lasciando scoperto solo il mento e l’ovale del viso. Una sorella dello sposo, invece, porta un semplice caftano senza velo sulla testa e un’altra donna ancora, più giovane, ha i capelli schiariti dalle mèches e tirati indietro in una coda sulla testa, come qualsiasi occidentale della sua età. Il clima è allegro e vitale, una bimba delizia parenti e ospiti (donne, ovviamente) dispensando bacini a tutte, la sposa riscende con una bellissima tunica di raso verde chiaro, arricchita da vistosi ricami dorati. Tutto è pronto per cominciare: la hannena tira fuori la sua “scatolina magica” con la mistura di henna, e inizia a decorare i piedi della sposa. Prima dipinge le piante interamente di nero, tra un risolino e l’altro della mia amica che sobbalza per il solletico, poi inizia lentamente a decorare ogni dito, cominciando attorno alle unghie e poi sulle falangi, poi ancora i bordi, che colora con motivi di fiori intrecciati come in un ricamo, per risalire infine sul collo del piede e sulle caviglie. Successivamente, passa alle mani. Sotto la sedia, per evitare di rovinare il tappeto, sono stati sistemati dei teli di plastica.     
 


Il decoro ha inizio - photo by Roberto Perrone


La hannena al lavoro
 

Le mani della sposa - photo by Roberto Perrone
 
Nel frattempo, le altre donne nella stanza, danno inizio ai festeggiamenti: portano uno stereo, mettono un cd di musica tradizionale e iniziano le danze. Sono bellissime, ed è proprio questa la festa che volevo vedere, quella di cui sai solo per sentito dire e adesso è qui davanti a te e la stai vivendo assieme a loro! Che bella emozione! L’euforia è contagiosa, e ovviamente le nostre ospiti coinvolgono subito anche noi. I passi non li conosco, ma seguo i loro movimenti al ritmo della musica e in breve le vedo entusiaste e sorridenti. Qualcuna mi fa i complimenti, altre applaudono, un’altra alza il pollice in segno di approvazione. La mia amica sposa mi sorride, con i piedi dipinti sospesi ad asciugare su una sedia, e con un tono complice di chi mi capisce in pieno mi chiede “…ti diverti, eh???”. Sì, mi sto divertendo, ma più che altro mi sto godendo un momento speciale, perché per me la danza, la sua vera essenza, è proprio questa: gioia, condivisione, emozione, positività. E’ quello che cerco quando ballo, quello che cerco di restituire a chi mi guarda quando ho un pubblico davanti, senza pretese falsamente “artistiche”, emozionarmi, emozionare…cosa che nella vita di tutti i giorni avviene sempre meno, ma che è importante per sentirsi bene e per sentirsi, soprattutto, vivi.   

Nelle pause tra una danza e l’altra, la hannena continua il suo lavoro dipingendo mani e piedi delle altre donne. Tocca anche a noi. Io chiedo solo un piccolo disegno sulla caviglia…che in corso d’opera diventa un ricco ghirigoro tribale con fiori e puntini. Per le mani (e meno, male, come scoprirò qualche giorno più tardi) invece declino l’invito ringraziando…ho pensato a quello che succederebbe presentandomi al lavoro tutta dipinta, a maggior ragione nel nuovo ufficio, con quel capo che ancora non mi conosce bene e che, come tutti gli estranei, potrebbe metterci un attimo a farsi strane idee o a disapprovare brontolando la mia tenuta poco adatta all’ambiente. Meglio rinunciare ai ghirigori troppo evidenti, quello sul piede si può nascondere con facilità sotto la scrivania e sono sicura che non darà fastidio a nessuno. Così dopo la decorazione mi siedo accanto alla sposa vicino a un ventilatore, per far asciugare prima la mistura nera che ricopre la pelle. Un particolare importante: esistono vari tipi di decorazione con l’henné. Quella effettuata con henné puro, è di colore arancio-marrone, dura pochi giorni ma è assolutamente naturale, non tossica e soprattutto in rarissimi casi provoca allergie. Quella nera utilizzata questa volta, però, è differente: spicca di più il disegno, che è più simile ad un tatuaggio vero, e in teoria dovrebbe durare fino a due settimane. Dei suoi effetti “postumi” parleremo più in là…adesso torniamo alla festa.
 
Mani e piedi della sposa - il decoro finale
 
Dopo un’ora di attesa l’henné è pronto per essere sciacquato via. Ci portano una saponetta speciale di colore verde, la suocera lava i piedi della nuora immergendoli in una tinozza, io vado a sciacquare la mia decorazione ad una fontanella del cortiletto, dove trovo gli uomini (almeno quelli italiani) che mi guardano incuriositi “ma come, sei stata tanto tempo lì ferma e ora lo lavi via?”…in realtà si lava via solo l’eccesso, il disegno resta vivo e brillante sul mio piede, i contorni si fanno più netti e definiti, un piccolo capolavoro di artigianato che valeva l’attesa. 
 
 
Il mio tatuaggio
 
 
Mentre il sole tramonta, le donne di casa hanno terminato le loro decorazioni e si comincia ad apparecchiare per la cena. A tavola troviamo tante cose buone, tra cui il brick, un sfoglia di pasta ripiena di tonno, uova e formaggio (che avevo già assaggiato anche altrove) e la scoperta del viaggio, la mechouia, un’insalata composta da una crema a base di peperoni verdi piccanti, pomodori e cipolla arrostiti, condita con olio d’oliva e accompagnata da uova sode a spicchi e, in alcune occasioni, da pezzi di tonno. Buonissima. Ho deciso che proverò a rifarla anche a casa, ma proverò a sostituire i peperoni piccanti con quelli normali, perché non amo i piatti troppo “hot”. Ci sono anche carne, altra insalata, pane tipo baguette, insomma, una cena in famiglia con persone sconosciute che diventano, però, quasi parenti anche nostri, tanto l’atmosfera è rilassata e festosa.
 
La cena si protrae fino a tardi…difficile trovare un taxi nel cuore della notte nel quartiere, così i nostri amici si organizzano e con due macchine ci riportano in hotel, stanchi ma contenti…e curiosi di quello che ci aspetterà la giornata seguente.  

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